mercoledì 26 giugno 2013

Quelle come me donano l'anima, perché un'anima da sola, è come una goccia d'acqua nel deserto. - Alda Merini -

Chi regala le ore agli altri vive in eterno. (Alda Merini) —

Luana Pellegrini E' così meraviglioso guardare un animale, perché un animale non ha opinioni di se stesso. Lui è! Questa è la ragione per cui il cane è così felice e il gatto fa le fusa. Quando coccoli un cane o ascolti un gatto che fa le fusa, la mente può fermarsi per un istante e uno spazio di calma sorge dentro di te, un passaggio per entrare nell'Essere. (Eckhart Tolle, Guardiani dell'Essere)

"La natura non si getta tra le braccia del primo venuto… pretende infinita passione, prima di svelarsi e concederglisi" (Hermann Hesse)

"Il tramonto è una danza "

lunedì 24 giugno 2013

Chi sa soffrire tanto sa anche essere felice in modi sconosciuti ai più, anche solo per le piccole cose. E' che nel mondo c'è più male che bene, obiettivamente sappiamo tutti che è così, e per chi coglie l'intero universo anche solo nel fermarsi a guardare per un'ora le margherite in un'aiuola in mezzo al traffico cittadino, la vita sa fare o male da morire o bene da vivere. Le vie di mezzo sono incomprensibili, per quelli come me.”

Ogni essere umano deve mantenere viva dentro di sé la sacra fiamma della follia. E deve comportarsi come una persona normale. [Paulo Coelho - Sono come il fiume che scorre]

Questi canoni bestiali di istinti primordiali portati all'esasperazione, l'individuo che si esalta di fronte all'individuo stesso, le diffidenze e le arroganze, le indifferenze e le lontananze, le subdole giustificazioni alle loro egoistiche azioni. L'amore muore sotto il macete del sesso facile, un boia di nome Apparenza taglia la testa alla nobile Sostanza. E' un secolo logoro, e ormai avvelenato dalla presenza di anime morte, dal volto mascherato. Nessuno dona più senza sapere di poter guadagnare. Molti addirittura non guadagnano, ma si limitano a rubare.

domenica 23 giugno 2013

«Voglio una persona con cui riposare l’anima. » J. Kerouac

“E che certe persone quando hanno la fortuna di incontrarsi dovrebbero avere anche il coraggio di tenersi…”

Non dire tutto ciò che sai; non credere a tutto ciò che ascolti; non fare tutto ciò che puoi. Mantieni dentro di te un giardino segreto. Alejandro Jodorowsky

“ A volte la cosa più difficile non è dimenticare, ma imparare a ricominciare da capo” Nicole Sobon

Siiii Tanto e di più Love...............

“Sono le donne difficili quelle che hanno più amore da dare, ma non lo danno a chiunque. Quelle che parlano quando hanno qualcosa da dire. Quelle che hanno imparato a proteggersi e a proteggere. Quelle che non si accontentano più. Sono le donne difficili, quelle che sanno distinguere i sorrisi della gente, quelli buoni da quelli no. Quelle che ti studiano bene, prima di aprirti il cuore. Quelle che non si stancano mai di cercare qualcuno che valga la pena. Quelle che vale la pena. Sono le donne difficili, quelle che sanno sentire il dolore degli altri. Quelle con l’anima vicina alla pelle. Quelle che vedono con mille occhi nascosti. Quelle che sognano a colori. Sono le donne difficili che sanno riconoscersi tra loro. Sono quelle che, quando la vita non ha alcun sapore, danno sapore alla vita.”

venerdì 21 giugno 2013

Cuore nudo. 13 giugno Quelle come me respirano col cuore, e vivono nella paura costante che la loro fragilità sia il loro difetto più grande e inguaribile. Ci pensano più o meno tutti gli istanti della vita, dalla mattina alla sera, in un angolo del grande flusso dei pensieri. A volte ci si fossilizzano, nelle profondità del loro animo, perché colpite in quel momento da qualcosa che annienta loro la gioia di vivere, e ruba senza pietà tutti i sorrisi. Quelle volte lì poi se le ricorderanno a vita, sotto forma del pensiero costante della loro fragilità, come fosse una palla al piede, una malattia incurabile, il biglietto da visita sbagliato. Perché sanno, ormai arrese, che sa fare male. Male da morire. Essere ciò che sono. Che paura che fa, nessun'altro lo saprà mai. Però sono coscienti anche di un'altra cosa. Che dopo aver tremato troppo, si scuotono un bel giorno, e proprio quando sembravano morte, tornano a fluire. E tuttavia non sanno dimenticare la loro paura di quel difetto. Sanno che quella palla al piede no, non sapranno mai staccarsela di dosso. Forse perché non è una palla ma è una gamba proprio. O una parte di sé, quale che sia non importa. E' insostituibile. E sì, si arrendono, e temono, e tremano con la vita perché non sapranno mai dirle di no, nonostante la paura di quella loro parte così grande. E non capiscono, non sanno far loro il fatto che invece, forse, quella fragilità con la quale, nonostante tutto, affrontino sempre la vita senza poter mai dire no, è solamente una forza speciale. Una forza che chi non la sa, non può sperare di riconoscere felicità.

C'ho messo trent'anni. Magari se non proprio trenta almeno una quindicina, anche venti, di anni. Alla fine inizio a capire. La portata di quello che inizio a capire, no, non mi spaventa più. Sono stata prigioniera della paura per tante stagioni, mi sembrava di detestarla, invece ora so che l'amavo più di me stessa. Ho capito che le cose più grandi della mia vita le ho fatte solo quando avevo paura. Ho capito che era lei, solo lei il mio motore. La voglia di vincerla, sentire nella sua voce un richiamo anziché un ammonimento. Avevo paura... significava che dovevo, io dovevo agire. Senza paura di perdersi non c'è coraggio nel trovare. Se non hai paura, non ne vale la pena. Me lo sono ripetuto per tutti questi anni. Ah, ma io non lo sapevo, perché mi sentivo senza riuscire ad ascoltarmi. Quante volte è accaduto... Ora che so che senza di lei non potrei mai concludere un bel niente, ora che ho ascoltato alla fine, e che ho capito, dopo tanti anni non la sento più. Non la sento nemmeno dormire. Me ne vado in giro per il mondo come se nulla potrà sorprendermi ormai, e so di sbagliare. Molte cose ancora mi sorprenderanno. Ho sempre tante persone che amo e che mi amano, e questo cos'è, dopo tutto, se non un gran motivo per sorprendersi e per aver paura? Non ho paura del nuovo che verrà. Si potrebbe pensare "Come puoi averne, se il nuovo ancora non lo conosci?". E potrei rispondere che neanche prima lo conoscevo, ma lo temevo già. Temevo, e tremavo, e fremevo costantemente nell'attesa, all'idea di trovarlo. Non fremo più. Non tremo più. Non temo. No, non è sfrontatezza, né coraggio. E' solo essenza che segue il suo divenire. Mai, mai avrei creduto di divenire ciò che sento ora di diventare, istante dopo istante. Lo approvo, certo che lo approvo. Come potrei fare diversamente? E' che non so se mi piace o no. Amavo la me così matta da seguire il cuore e mollare tutto. Perché lui se ne restava in silenzio per tanti anni, ma quando infine parlava, la voce della sua paura era legge, era il mio onore, anche a costo della dignità stessa... Che scema, che pazza. Non mi sembra di dormire, e forse nemmeno d'esser morta. Mi sembra solo qualcosa che non è mai somigliato a null'altro. Si cambia e si diviene un pò tutti nella vita. E' solo che io ora non m'assomiglio più. Mi sono assomigliata per tutti questi anni, nei cambiamenti e nelle stagioni ero nuova, ma costruita sul vecchio. Non m'assomiglio più... Ho visto cosa sa fare la paura, quando diventa troppo grande, quando il cuore si sfianca e ed esplode infine, a forza di starle dietro, e la mente non sa reggere più il passo. L'ho visto... ora sì. Non si descrive né si scrive, a malapena si riesce a sostenersi nel guardarlo. Qualcuno nel mondo oltre a me di certo lo saprà. Ecco che non m'assomiglio più. Quando scrivo, l'istante stesso in cui la parola diventa reale e le lettere appaiono, quella stessa parola vorrei che fosse ancora diversa. Il panta rei è dentro di me in un modo in cui mai s'era manifestato, lo sento trascinare con prepotenza tutto quello che trova nel letto del suo scorrere, ciottoli e macigni, fiori caduti dalle rive ombrose, perfino il riflesso del cielo si porta via. E i sogni di quando ero bambina non ci sono più. Niente, mai nulla nella mia vita sembrava averli mossi di un solo millimetro da lì. Le facce andavano e venivano, il cuore moriva e tornava a vivere, ma i sogni non cambiavano mai, ed io in fondo lo sentivo sempre. Vivevano nel presente , a volte silenziosi dentro un angolo di cuore, ma con una nitida prepotenza d'essere. Ora sono ricordi, e non sogni. Avevo cinque anni forse, quando rubavo a mamma uno dei suoi anelli e me lo infilavo al dito girandolo al rovescio, perché sembrasse una fede, anche se era dannatamente largo. Mi rivedo, seduta sul letto mi cullavo la mia bambola, la prima figlia del mio cuore di bambina. La cullavo e la guardavo, con quelle sue ciglia folte, era così bella. E mentre le accarezzavo la testolina di plastica calva, osservavo quell'anello al dito. A cinque anni per me, nella mia fantasia, quell'anello era già il simbolo dell'attesa della sera, in cui rientra a casa il papà, un papà come il mio, perché di meno non poteva proprio andar bene. La cullavo e poi la stringevo forte forte. La riempivo di baci, e pensavo e le raccontavo, come sarebbe stato felice lui, e felici noi, quando la sera sarebbe infine arrivata. Ho giocato con le bambole fino a ieri. Ostinatamente, nel mio essere per quel gioco ormai forse troppo grande. Giocavo con le bambole, e giocavo con la mia vita. Giocavo lo stesso gioco di quando avevo cinque anni. Ma a cinque anni la vita era solo fantasia. Poi è diventata reale, e ha fatto male. Perché crescendo avevo capito subito che sapevo fare ormai ancora tanti giochi, tranne quello. Quello non era più un gioco. Non era più un sogno. Ho scoperto che farlo essere il sogno sapeva fare male, e ho scoperto che davvero, alla fine, sapeva anche uccidere. Ha fatto così tanto male, che alla fine il gioco non m'è piaciuto più. E poi basta scrivere, tanto è inutile, non ci riesco. Non posso dire di come non riesco a dire... Certe lacrime non si sanno scrivere. Forse è solo perché nemmeno si dovrebbe. L'immenso non si racconta, al massimo si vive. Potrei parlare di stagioni, e di ere glaciali che giungono infine, e che forse durano millenni. Ma non sarebbe mai abbastanza. Sono io, e io è tanto, così tanto che spinge forte, spinge per non voler essere più. Lo sento convinto, convinto come mai prima d'ora. Vedo una bambina con la sua bambola riflessa in un vetro rotto. E nel vetro ancora intatto dello specchio vedo invece solo una donna. E non mi fa paura. Anche se non l'avevo mai vista prima d'ora, anche se forse l'ho temuta tanto, perché l'ho immaginata per un tempo quasi infinito, era l'unica cosa del sogno che sapevo non sarebbe mai stata come potevo immaginarla, ma solo qualcosa di incredibilmente diverso, e tanto, tanto più grande perfino della fantasia di una bambina. E le cose di cui finalmente m'è chiaro che sia fatta questa donna, non potrò mai dirle. Potrò raccontare di come giocava e di come impazziva, di come accadde, e di come divenne. Di come era, ed è, e sarà. Di come, ma non cosa. Cosa è lei non può racchiudersi in metafore o avverbi, né note né pennelli credo potrebbero mai riuscire a dirne. Io dico solo di come vedo ancora, nel riflesso del vetro infranto del suo sguardo, l'immagine della bambina. E di come la bambina ora sia solo la donna. Le sue bambole ordinate, su di un letto ormai lontano da lei. Che si potrebbe quasi pensare che è solo perché la donna non ci crede più. La realtà invece è solo che la donna ha sogni diversi. A quelli della bambina, non dà ascolto ormai. E la paura della bambina, non le appartiene più. Era una veste troppo pesante per lei. E non è che non crede nei sogni della bambina, ma è forse proprio nella bambina, che non crede più. La bambina sapeva aver paura, alla donna invece della paura non importa niente. Non la desidera. Ora, forse, la detesta. Ora non la sfida, dice che non c'è, ma forse la ignora soltanto. E di come il sogno di una bambina si possa far trascinare lontano, dallo scorrere dell'esistenza, mentre una donna ci si specchia dentro, no, non sarò mai in grado di dire. Non tremo più, per questo a volte utlimamente ho pensato d'esser morta. Non tremo, non m'assomiglio, e al momento non mi so nemmeno raccontare. Ho detto tanto, ma non ho detto niente. Ora come ora forse, non mi resta che scorrere. Scorrere, e divenire.

mercoledì 19 giugno 2013

Non desisteremo mai dall'esplorare. E la fine di ogni nostro esplorare sarà giungere là dove siamo partiti e conoscere quel luogo per la prima volta. ...T.S. Eliot

L'amore è figlio di zingari, non ha mai conosciuto leggi. ...Friedrich Nietzsche

Se si aprissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all’uomo come essa veramente è, infinita. Poiché l’uomo s’è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere più le cose che attraverso alle strette fenditure della sua caverna William Blake, Visioni

Che poi, sarebbe bello, ogni tanto, non doversi preoccupare per se stessi. Avere qualcuno che ti dice: "Stai tranquilla, a te ci penso io". S. Santorelli

Abbiamo fame di tenerezza, in un mondo dove tutto abbonda siamo poveri di questo sentimento che è come una carezza per il nostro cuore abbiamo bisogno di questi piccoli gesti che ci fanno stare bene, la tenerezza è un amore disinteressato e generoso, che non chiede nient’altro che essere compreso e apprezzato. A. Merini

Gli spiriti intelligenti, le anime sensibili percepiscono il disagio altrui senza necessità di parole, si incontrano al massimo un paio di volte nella vita e se le lasciate entrare vi doneranno il vero, per sempre, inteso non come amore ma come impronta indelebile nella vostra vita. Sognano e fanno sognare, amano parlare e confrontarsi ma è un gioco pericoloso per chi non sa ascoltare. Riescono a farvi capire cose che vi sfuggono e che nessuno vi ha mai fatto notare, vi aiutano positivamente a ritrovare la via. E in tutto questo non chiedono niente in cambio se non un semplice sorriso.

“Che sia sereno il tuo cielo, che sia luminoso e tranquillo il tuo caro sorriso, che tu sia benedetta per quel minuto di beatitudine e di felicità che tu hai dato ad un altro cuore solitario e riconoscente! Dio mio, un minuto di beatitudine! Ma è forse poco questo, sia pure per l’intera vita di un uomo?” —Fedor Dostoevskji,Le notti bianche,1848